Mentre scrivo questo saluto sento la voce stridula che ripete, con termini più scurrili, che non gliene frega niente di tutte queste pratiche di circostanza, che se una persona le cose le pensa, le deve dimostrare nei fatti!
Ci sono tanti aggettivi che descriverebbero Roberto Ventura, a lui darebbero fastidio tutti.
Chi lo ha vissuto come atleta ha fatto un percorso duro di intensità e fatica, discussioni faccia a faccia, urla, vittorie e sconfitte vissute sempre come battaglie fino all’ultimo…discorsi in spogliatoio e palestra che non finivano mai con riferimenti storici, politici, aneddoti…sbuffate, sbattute di porte ed abbracci. Emozioni.
Chi lo ha conosciuto come amico ha vissuto una “missione”: le chiacchierate infinite di giorno e di notte, le litigate, i passaggi in macchina, i compromessi cercati con i genitori, le migliaia di partite da andare a vedere ovunque presentate tutte come “interessantissime” e finite con una pizza a mezzanotte.
E’ stato definito marxista, leninista, idealista, genuino, “matto come un cavallo”…amava Berlinguer ( è importante? Fatevene una ragione e leggete, avrebbe detto!). Dicono che abbia sacrificato la sua vita per il basket, ma non avrebbe mai fatto niente altro che pensare agli allenamenti o qualcosa di nuovo da inserire, un concetto, un particolare che restasse tra la tradizione e la follia.
E’ stato un amante sensibile della musica rock, hard rock, sempre nelle cuffie nelle sue interminabili camminate col suo passo pesante (dato da un piede troppo lungo per la sua altezza!) per raggiungere le palestre.
Una parola su ragazzi e ragazze che ha allenato.
Si parla tanto di “allenatori bravi”, beh lui amava dirci che era allenatore “emerito”.
Io avevo trovato straordinaria la sua capacità di amarli, di stare vicino alle fragilità individuali, alle sofferenze familiari. Parlare con tutti i soggetti coinvolti con sensibilità: ragazzi, ragazze, genitori, nonni, parenti acquisiti, avrà provato anche con l’animale domestico pur di entrare nel cuore di un suo atleta e convincerlo ad essere il meglio di se stesso.
Io ne ricordo tanti che – mi tolgo la parola dalla bocca – lui ha salvato.
Eccone una.
Chiudo con parole di circostanza e qui davvero mi arriverà qualcosa dall’alto sulla testa. Nessuno può dire che non abbia fatto sempre la vita che avrebbe voluto, finchè ne ha avuto le forze. Quando non le ha più avute ha scelto di fischiare la fine senza avvisare, tipico della sua testardaggine.
Ognuno in cuor suo sa se ha avuto la coerenza che ha avuto lui nella sua vita, Roberto Ventura, detto “Veggio”.
A presto testone
Raffaella Bertoli